lunedì 2 marzo 2009

Da "Il Gazzettino": Sui cartelli in friulano e sloveno in Bisiacaria

Da "Il Gazzettino del 11 marzo 2009:

Per la valorizzazione culturale della toponomastica
storica dei paesi della Bisiacaria


È stata un'amara sorpresa, per chi come me da anni vanamente si batte per la valorizzazione culturale della toponomastica storica dei paesi della Bisiacaria (da sempre quasi totalmente inascoltato, per non dir altro, dai nostri amministratori locali), scoprire da un giorno all'altro che in tutte le strade della provincia di Gorizia sono stati installati 160 cartelli stradali in italiano, friulano e sloveno. Ignorando del tutto le altre comunità locali. Cartelli pagati con fondi pubblici - 130.000 euro sembra -: fondi che derivano, dunque, anche dalle tasse pagate da bisiachi e gradesi.
Ovviamente non ho nulla in contrario se nei paesi in cui si parlano queste lingue oggi si pensa di valorizzarne la toponomastica così come essa è stata tramandata, nel corso dei secoli, dalle genti del luogo. Vorrei ricordare però che la maggior parte dei comuni del monfalconese (Monfalcone compreso!) in tutti - e sottolineo tutti - i maggiori testi scientifici, rientrano tra i paesi il cui linguaggio storico, da più secoli, è il bisiaco. Non il friulano né lo sloveno.
"Ma com'è possibile tutto questo?" mi sono detto allora. Ricordo benissimo che per anni, parlando con molti sindaci e consiglieri, ho dovuto sorbirmi, di fronte alle mie richieste, la medesima e monotona risposta. Mettere dei cartelli con il nome antico bisiaco, era un'operazione (parole loro) da "leghisti sfegatati della prima ora" oppure, se le risposte erano un po' più articolate, si affermava che valorizzare gli antichi toponimi significava porsi completamente al di fuori delle dinamiche di un mondo multiculturale, di una nuova Europa che deve essere rispettosa di tutto e di tutti.
Non condividevo per niente e continuo a ritenere molto discutibili queste argomentazioni, ma cercavo - almeno - di capire. Ciò che non riesco proprio a capire è il fatto che adesso invece - in paesi che non rientrano assolutamente tra i territori dove queste lingue sono tutelate e dove questi cartelli non sono per nulla obbligatori - i nomi di queste località non saranno tramandati nella forma bisiaca o gradese alle nuove generazioni, no di certo, ma in friulano e sloveno. Nel silenzio assoluto dei nostri amministratori a cui, di colpo, per miracolo, queste cose non fanno più spavento. Anzi. Basta che non si parli di bisiaco o gradese e va tutto bene. Perché "Mofalcon", com'è chiamata la città ancor oggi da migliaia di monfalconesi, non si può scrivere da nessuna parte, neanche fosse una malattia infettiva da debellare, ma "Monfalcon", alla friulana, o "Trzic" in sloveno (per non parlare di "Gravo" friulanizzato in "Grau") invece vanno benissimo. Ma cosa direbbero i cittadini di Romans d'Isonzo o di Doberdò, mi chiedo, svegliandosi al mattino e trovando le strade che attraversano i loro paesi con decine di cartelli stradali scritti non in friulano né in sloveno ma, bensì, solo in italiano bisiaco e gradese? Gli andrebbe bene? Si sentirebbero valorizzati, sentirebbero valorizzata la loro cultura secolare?
Tutto questo è accaduto, ovviamente, senza informare nessuna delle associazioni culturali locali e presentando alla stampa l'operazione soltanto quando tutto era già stato ormai deciso da tempo. Non si valorizza veramente né si ha veramente rispetto di chi abita da secoli in un dato luogo impedendo alla gente di vedere il proprio paese indicato con il suo vero nome, condannando all'oblio la memoria dei nostri avi e di chi, ancora vivo, vuol conservarne con amore la lingua ed i valori che ci hanno trasmesso.

Ivan Crico

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