domenica 1 marzo 2009

Generosità di un tempo in Bisiacaria


Cinquant’anni fa. Quartiere di Panzano.
Un giorno la madre di una famiglia di cantierini stava preparando il pranzo quando alla sua porta bussò un viandante. “Signora datemi da mangiare, per favore, ho fame” le disse lui. Era quasi mezzogiorno, la minestra cuoceva sul fuoco e, tra poco, sarebbe arrivato dal Cantiere il marito assieme ai suoi quattro figli maschi, affamati come sempre. La donna non ci pensò su troppo. Lo fece accomodare e, un piatto dopo l’altro, l’uomo finì tutta la minestra. Non mangiava da giorni. La donna solo allora cominciò a pensare che tra poco sarebbe arrivato il marito ed i figli. Cosa le avrebbero detto non trovando nulla? Eppure la donna, guardando quello sconosciuto che si allontanava, pensò che Dio avrebbe provveduto in qualche modo. A un certo punto, mentre era assorta in quei pensieri, sente il rumore di una bicicletta che viene appoggiata pesantemente contro lo steccato del cortile. Era suo cugino. Veniva da Grado e non lo vedeva da mesi. “Ciao, ho pensato di venire a trovarti cugina, è una così bella giornata e ti ho portato un bel salame di casa!”. Il salame e un po’ di pane furono il pranzo di quel giorno.
Un miracolo? Chissà! Nelle case della gente di un tempo, bisiache come questa, friulane, slovene, questo episodio che ancora ci meraviglia dopo tanti anni era la norma. Erano abituate ad aiutarsi, a venirsi incontro per ogni necessità. Penso sinceramente che se oggi i friulani invece continuano a voler dialogare solo con i friulani, i triestini con i triestini, gli sloveni con gli sloveni, i bisiachi con i bisiachi la nostra regione rischia seriamente di rimanere segregata, come in un labirinto senza uscita, all’interno di sterili dispute campanilistiche.
Non occorre chiedere le carte d’identità, per aiutarsi. Come non la chiese allo sconosciuto quella povera donna.

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